venerdì 18 gennaio 2008

Scacco matto al re Bobby Fischer

§Eroi e antieroi§

Bobby ha sempre giocato a scacchi. Ha cominciato a 6 anni e non ha più smesso.
Proprio per la giovane età in cui ha cominciato a giocare dicono che Bobby non ha avuto maestri. Era sostanzialmente un campione autodidatta.

Foto scattata dalla fam. Forstenaicher e pubblicata sul web da Rodolfo Pozzi - Bobby Fisher a "lezione" da Karl Forstenaicher, 1954

Come tutti i geni a scuola Bobby era un problema. Non era un problema di sostanza, dato che aveva il più altro "Qi" mai misurato nella storia moderna. Era un problema di forma: Bobby arrivava dalla California e non era abituato a portare la camicia, non sopportava di vestirsi come gli altri.
Gli insuccessi scolastici non lo turbano più di tanto.

A 15 diventa il più giovane Gran Maestro di scacchi di sempre.
Nel 1972, a soli 29 anni, viene invitato a Reykyavik per disputare una partita in cui è in paglio il titolo mondiale. Il suo avversario è il russo Spassky, detentore del titolo. L'incontro non è neanche stato confermato e già viene definito il match del secolo. Siamo ancora in piena Guerra Fredda.

Appena arrivato Bobby offende gli islandesi, definendo l'Islanda inadeguata per l'evento perché non ha un bowling. Poi si lamenta di tutto: delle telecamere, delle luci, del tavolo, delle sedie. Viene definito dalla stampa squilibrato e paranoico e accetta di giocare solo dopo che un miliardario inglese raddoppia il premio partita, portandolo a 250 mila dollari.
Una delle sue assurde richieste è di non avere telecamere che riprendano l'incontro.
Per fortuna qualcuno ha ignorato la sua richiesta e girato
QUESTO VIDEO amatoriale.

Bobby non vince l'incontro. Demolisce letteralmente il suo avversario. Tanto che Spassky dichiarerò:
"Quando giochi con Bobby, il problema non è vincere o perdere. Il problema è sopravvivere".

Diventa il Campione numero 11 in ordine di tempo. Ma lui sostiene che 11 significa primo due volte: 1 perché è arrivato primo e 1 perché è il primo campione del mondo non sovietico nella storia degli scacchi.


Eccentrico, sregolato, capriccioso.
Nel 1975 si vede privare del titolo mondiale perché si rifiuta di giocare un match contro Anatoly Karpov, organizzato senza il suo consenso dalla Federazione internazionale degli scacchi.

Da sempre sprezzante verso l'America e la sua politica.
Nel 1992 viene invitato dalla federazione Russa e da Slobodan Milosevic a giocare la rivincita con Spassky in Jugoslavia, premio in palio 3.5 milioni di dollari. Bobby allora riceve dalla giustizia americana una lettera di diffida a recarsi in Jugoslavia, paese sottoposto ad embargo e al divieto di viaggio ai cittadini americani. Ordine esecutivo firmato George Bush senior.
Bobby indice una conferenza stampa, sputa sulla lettera e va in Jugoslavia, vincendo per la seconda volta contro Spassky.
Il governo americano lo condanna a 10 anni di reclusione e emette contro di lui un mandato di cattura internazionale.

Bobby però sparisce nel nulla.

Alcuni lo danno per morto. Altri giurano di averlo visto in Ungheria, in Asia, nelle Filippine.
Ricercato dalle polizie di mezzo mondo, Bobby riesce comunque a depositare il brevetto di un nuovo tipo di segnatempo digitale per le partite.
Nel 1996 annuncia da Buenos Aires, una variante del gioco nota come Fischer Random Chess, che consiste nella possibilità del giocatore di scegliere la disposizione iniziale dei pezzi, evitando così di impararsi le aperture a memoria e rendendo il gioco più imprevedibile.
Il governo americano decide che se non può avere Fisher avrà quello che è di Fisher. Tra il 1998 e il 1999 tutti i suoi beni vengono confiscati e venduti all'asta.
Il 13 luglio 2004 Bobby ricompare all'aeroporto di Tokyo dove viene prima percosso e poi arrestato. Il suo passaporto americano viene dichiarato non valido. Ma Bobby ha un'ultima imprevedibile mossa a sua disposizione.
Dare scacco all'impero americano chiedendo asilo politico a un "Paese amico".
In modo ancora più imprevedibile è proprio l'Islanda, il Paese offeso, a rispondere.
Forse perché gli islandesi, popolo di saggi, avevano capito la vera natura di Bobby, in quel lontano incontro del 1972.
Volutamente sgradevole e immodesto nelle sortite ufficiali, quelli che l'hanno conosciuto fuori dalle scacchiere raccontano, al contrario, di un uomo molto timido, affabile e cortese con i propri interlocutori. Quando il lettone Mikhail Tal (l'unico giocatore che non riuscì mai a battere), anch'egli ex campione del mondo, si ammala gravemente, Bobby va ogni giorno al suo capezzale per discutere di scacchi, il suo modo di offrire amorevolmente conforto al rivale.

Certo Bobby Fisher era diverso. Diverso anche da quelli che più avrebbero dovuto assomigliargli. Gli altri campioni. Gli altri scacchisti. Gli altri.
Molti di loro hanno intrapreso carriere parallele, hanno avuto altri interessi oltre agli scacchi.
Bobby no. Lui pensava, respirava, mangiava, dormiva, viveva solo in funzione degli scacchi, 24 ore su 24, 365 giorni all'anno.

"Non so fare altro", ha sempre affermato con candore, prestando il fianco alle più fantasiose speculazioni sulla sua asocialità, sul suo autismo.
Ma sul campo di battaglia delle 64 case era davvero il più bravo di tutti.

Anche fisicamente Bobby era diverso dagli altri e in un certo senso si può dire che le sue "peculiarità" fisiche lo segnalassero già di primo acchito come uno nato per essere uno scacchista o un pianista. Mi riferisco in particolare ai suoi lunghissimi indici.

Foto scattata dalla fam. Forstenaicher e pubblicata sul web da Rodolfo Pozzi - Bobby Fisher al Manhattan Chess Club di New York, 1954

Chi lo ha visto giocare dal vivo conferma di essere rimasto con un'immagine indelebile nella mente: il movimento dei pezzi eseguito con straordinaria rapidità dalle dita musicali di Fischer.
E' questo che gli appassionati ricordano più di ogni altra cosa, più di ogni altro eccesso, sregolatezza, ossessione. Le mani di Bobby. Mani con un linguaggio proprio. Unico. Geniale.

Non lo vedremo più riemergere da uno dei suoi misteriosi ritiri pronto a stupirci con una delle sue mosse a sorpresa.
Ma chi ha amato il suo gioco e il suo genio, più forti e più grandi anche del piccolo uomo che era, non smetterà mai di vederlo giocare.

18 gennaio 2008
Bobby ha concluso oggi la sua ultima partita. Quella con la vita.
Difficile dire se ha vinto o ha perso. Certo è stata la partita del Secolo.


Bax
Saki

Note:
Per gli appassionati di cinema non perdetevi il bellissimo film di genere
In cerca di Bobby Fisher di Steven Zaillian di cui vi regalo una delle scene più toccanti.

E a chi volesse leggere qualcosa di davvero speciale, specialmente perché è uno dei pochi libri in italiano:
Monticelli Mario, La sfida del secolo, Mursia, Milano, 1972

3 commenti:

PoVoLaC ha detto...

Ti piacciono gli eroi-antieroi, eh!!! :-D

咲 §^__^§ ha detto...

Adoravo Bobby Fischer.
Le sue partite a scacchi erano incantevoli, nel senso che ti incantavi a guardarle.
Speravo di vederlo quest'estate a Reykjavik e invece...
ma forse è meglio così. I propri eroi soprattutto se sono antieroi è meglio guardarli da una giusta distanza.

rdm ha detto...

C'è anche un altro libro su Fisher: "Re in fuga". Molto bello.