sabato 12 gennaio 2008

Death Note. Vita, morte e miracoli...

§Japan Style§

Death Note
デスノート
Desu Nōto


Ovvero il quaderno della morte, secondo la traduzione italiana. Un titolo un programma. Eppure, a dispetto del significato immediato di questo titolo, Death Note è un manga che mette al centro del suo intreccio un'ideale di vita: la cr
eazione di un mondo migliore in cui gli esseri umani possano vivere finalmente felici e in pace. Un mondo dove i criminali sono puniti, le guerre sono cessate, le persone hanno fede in un dio (la lettera minuscola non è casuale) tanto giusto quanto inflessibile.
E' questa la molla che spinge il protagonista Raito (non a caso traslitterazione giapponese della parola “Light”) a usare il Death Note che uno Shinigami annoiato, Ryuuk, lascia cadere sulla terra "per vedere cosa succede". E quello che succede è che il quaderno della morte, la cui prima regola è:
« \mathfrak{L}'umano il cui nome sarà scritto in questo quaderno morirà. »
diventa, nelle mani di Raito, uno strumento per "purificare il mondo dai crimini e dalla corruzione" e creare un'utopia di cui lui stesso sia dio regolatore. "Voglio creare un mondo nuovo, con sole persone oneste e giuste. E io sarò il dio di questo mondo", afferma Raito in uno dei primi volumi. Visivamente la figura di Raito è spesso associata alla simbologia cristiana: dalle mele rosse con cui nutre il suo "dio della morte", alla falce che stringe tra le mani in alcune copertine, fino alla scena in cui il suo amico/avversario gli laverà i piedi (ovvia citazione di un'identica scena tra Giuda e Gesù).
I temi della vita e della morte, della giustizia divina e umana, si intrecciano nella costante riproposizione del dilemma morale che avvolge la figura di Raito, al mondo noto sotto lo pseudonimo di Kira (traslitterazione in giapponese della parola "Killer"). Dilemma che è lo stesso Raito a esplicitare in uno dei primi volumi parlando con Takada, una compagna di classe:
"pubblicamente tutti condannano Kira, ma quando sono da soli o nel privato ne sono affascinati e sperano che continui la sua opera di purificazione del mondo dalla corruzione e dalla criminalità".
Kira, infatti, uccide solo criminali riconosciuti e quasi sempre, da principio, senza specificare le cause della morte sul DEATH NOTE, cosa che risulta nel decesso per infarto (quella che si potrebbe definire la morte per "default" prevista dal quaderno dello Shinigami).
La polizia non sembra poter competere con i mezzi e soprattutto con la finezza dell'intelletto di Kira, il serial killer dei criminali, almeno fino alla comparsa di "L", presentato come "il migliore detective del mondo", e inizialmente nascosto dietro il logo in stile gotico "L" appunto. Di questo personaggio infatti non vediamo mai il volto e "sentiamo" solo le deduzioni tramite un computer portatile. Dal secondo volume però le cose cambiano, "L" si mostra non solo a noi, ma addirittura a Raito di cui sospetta il legame con Kira.
Inizia così una gara di intelletto giostrata come una partita a scacchi in cui i due avversari cercano di anticipare l'uno le mosse dell'altro, eliminando le pedine circostanti e avvicinandosi sempre di più al faccia a faccia definitivo.Ciò che colpisce è l'assoluta imparzialità con cui viene narrata questa sfida di menti, come se a raccontarcela fossero gli occhi dello Shinigami Ryuuk, per loro natura distaccati dalle "cose umane" e incapaci di schierarsi. Nonostante sia legato al DEATH NOTE di Raito, infatti, Ryuuk non compirà mai alcuna azione per aiutare quest'ultimo o per ostacolare L. Il suo interesse risiede proprio nell'osservare "a distanza" lo scontro tra le due opposte visioni del mondo, della vita e della morale.Sia Kira che L sono convinti di essere nel giusto e usano ogni mezzo per prevalere, ben sapendo che chi sarà sconfitto lascerà all'avversario il controllo del mondo.
Se infatti Kira non può essere catturato o fermato, risulterà evidente agli occhi dell'umanità, già in gran parte seguace del suo culto, che lui è davvero un dio. L è consapevole del fatto che il proprio fallimento sarebbe prova che Kira sta agendo nel giusto e che chi lo ostacola lo fa a torto. In una delle scene più intense, ormai vicino alla resa dei conti, L rincuora i suoi collaboratori affermando "comunque vada la giustizia prevarrà". E nell'ambiguità della frase (L non dice "vinceremo noi" e viene da chiedersi, quale giustizia prevarrà?) si rilegge l'ambiguità stessa della storia in cui la contrapposizione bene/male, buono/cattivo, giusto/sbagliato, è assolutamente sfumata. Tanto che quello che dovrebbe essere "il cattivo" è in realtà il protagonista della storia e rispecchia in pieno il modello dello studente e del figlio ideale giapponese, mentre "il buono" entra in scena come suo antagonista e viene caratterizzato attraverso una serie di comportamenti "anormali" per non dire "maniacali". Mentre Raito è il primo della sua scuola e ha un ottimo rapporto con la sua famiglia, è perfettamente inserito nel tessuto sociale ed esibisce un aspetto carismatico e affascinante, L è asociale e fisicamente più simile a un animale che a un uomo, ha gli occhi sempre cerchiati di chi non dorme sonni tranquilli, è avulso dalla realtà e non ha legami familiari evidenti, è curvo e trasandato, si nutre solo di dolci (costantemente) pur essendo magrissimo. Il confronto viviso è decisamente a favore di Raito eppure la personalità e il modello comportamentale alternativo, per non dire ribelle, proposto da L riescono poco a poco a conquistare non solo tutti coloro che collaborano con lui ma anche il lettore.
Il lettore, inizialmente coinvolto dalla sfida di Raito, spinto suo malgrado a prendere le sue parti, ne viene lentamente allontanato, tanto più intensamente quanto il personaggio di L si fa spazio nella storia. Prendere le parti dell'uno o dell'altro rimane comunque difficile, tanto quanto lo è dare dei giudizi morali. L'intreccio per altro va ben oltre la semplice sfida tra i due personaggi, risolvendola in modo inaspettato e passando oltre...
In effetti l'intreccio è talmente complesso e sfiora tali livelli di approfondimento psicologico che molti sono spinti a dubitare che si tratti dell'esordio di una sceneggiatrice alle prime armi: tale Tsugumi Ohba, una ragazza di Tokyo che colleziona tazze da tè e afferma di scrivere le sceneggiature dei manga stando seduta con le ginocchia sulla sedia (proprio come L).In effetti, data anche la mancanza di informazioni biografiche relative alla donna, molti pensano che questo nome sia in realtà uno pseudonimo sotto cui si nasconde un'autrice ben più famosa e non ancora identificata. Inutile dire che questo espediente introduce un evidente e inquietante parallelismo con la figura di Raito, nascosto dietro decine di ruoli-maschere nel corso del manga, ma anche con quella del suo massimo antagonista "L" di cui nessuno conosce il vero nome.
Ben nota è invece l'identità del disegnatore di DEATH NOTE, ovvero Takeshi Obata già famoso per Hikaru no Go, manga che ha diffuso il gioco del Go al di fuori dei confini giapponesi e ha raggiunto la popolarità di Dragon Ball e Naruto, vincendo anche diversi premi quali lo Shogakukan Manga Award del 2000 e il Tezuka Osamu Cultural Prize. Lo stile che Obata usa in DEATH NOTE richiama il goth, ovvero uno stile vestimentario ed estetico che si situa tra la moda dark e quella di matrice vittoriana con frequenti richiami e riferimenti alla simbologia cristiana. Non a caso gli sfondi delle tavole in cui compaiono gli antagonisti di Raito sono vetrate di cattedrali gotiche, la copertina di ogni volume ha come sfondo una croce cristiana, e alcuni personaggi, come la divetta (tipica aidoru/idol giapponese) Misa, sono la personificazione di questo stile.
Anche la figura di Obata, come quella di Ohba, è circondata da un alone di ambiguità e mistero. Molti hanno definito "disfunzionale" la sua maniacale cura dei dettagli e l'11 setttembre 2006 il disegnatore è stato arrestato dalla polizia giapponese per essere stato sorpreso con un cortello in macchina che secondo lui gli sarebbe servito per andare in campeggio.




















DEATH NOTE è diventato un tale CULT in Giappone che ai 12 volumi del manga sono seguiti la serie animata e ben due film i cui protagonisti sono diventati vere e proprie star grazie anche all'impressionante somiglianza con i personaggi originali. Certo si tratta di un'opera che per temi, soluzioni narrative e visive non può lasciare indifferenti. E che i personaggi di DEATH NOTE siano definitivamente entrati nel cuore dei giapponesi lo dimostra il fatto che il 9 febbraio 2008 ci sarà la prima di un nuovo film ispirato a questo manga. Ispirato perché si tratta in effetti di un vero e proprio spin off, indipendente dall'intreccio narrativo proposto dal manga originale, incentrato sul personaggio di L e sulla sua vita prima del fatidico scontro con Kira.
Ecco dunque il trailer
A proposito dopo la visione del primo film devo dire che come Live Action non è per niente male.

Vedremo come andrà questo seguito e se riuscirà a battere i successi strabilianti ottenuti dai primi due film. Il personaggio di L è molto amato perciò le premesse sono buone..

Bax
Saki


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