giovedì 29 gennaio 2009

Ghiaccio d'argento

§Pattini d'Argento§

Mai titolo più appropriato perché i pattini italiani che hanno solcato ne disegnato il ghiaccio di Helsinki, quest'anno, sono davvero d'argento.
Argento.
Argento come la luna che brilla nel cielo notturno di Helsinki quando Samuel Contesti conquista una medaglia che l'Italia aspettava dal 1954.
Argento come la luna che Federica e Massimo inseguono durante il loro programma libero per poi stringerla in un abbraccio pieno di gioia e lacrime sul podio europeo.
Argento come la luce che si sprigiona dai ricami del costume di Carolina, capace di riscattarsi dopo il disastro del corto.

"Siamo diventati la Russia del pattinaggio" ha commentato Manu, presenza storica tra le fila degli appassionati italiani del ghiaccio.

Certo quella di Helsinki è stata "una vittoria di squadra che fa ben sperare per il futuro" per usare le parole di Ottavio Cinquanta.

Per quanto mi riguarda non tornavo a Helsinki dal 1999, quando il 5 posto di Barbara e Maurizio la buona performance di Silvia Fontana e la qualificazione di Angelo Dolfini per il programma libero sembravano qualcosa di grande. Grandissimo. Promesse per un futuro roseo, anzi azzurro.
Su questo riflettevamo con Maurizio (Margaglio) a fine gara. Su quanto sono cambiate le cose per il ghiaccio italiano in 10 anni. Nel '99 anche una sola medaglia d'argento a un campionato europeo sembrava fantascienza. "Ma questa non è fantascienza, è realtà" commenta Mauri che insieme a Barbara ha ridato all'Italia sogni d'oro quando la dana era ancora la disciplina cenerentola dei campionati.
L'unico rammarico è che se il nuovo punteggio ha migliorato e reso più appassionanti le gare dell'artistico lo stesso non si può dire per la danza dove sembra si deba trovare ancora un equilibrio tra le richieste tecniche e la componente artistica. "Se vedo un altro sollevamento in posizione billman..." commenta Mauri durante la finale della danza, proprio prima dell'ultimo gruppo. E anche se non finisce la frase sappiamo tutti cosa intende. La danza sembra aver perso quella vena artistica e originale che la contraddistingueva da tutte le altre discipline del ghiaccio. L'ISU sta riflettendo sul problema, intanto ha aggiunto la possibilità di un sollevamento opzionale che si può inserire nel programma. Non conta ai fini del punteggio, ma è un piccolo passo verso una ricerca che sia soprattutto artistica e non solo tecnica.

E allora parto proprio dalla danza per ripercorrere le emozioni di questa settimana finlandese passata tra la neve ma soprattutto sul ghiaccio.

Come sempre voltate pagina....



Federica e Massimo arrivano convinti di poter fare grandi cose. Con il ritiro dei francesi testa di serie il podio non sembra più un sogno impossibile. "Voglio solo divertirmi" commenta Massimo poco prima di scendere in pista per l'original e poco dopo l'inaspettato ma meritatissimo secondo posto negli obbligatori. Ma l'aria che si respira tra le fila dell'entourage italiano è ben altra. La sete di medaglie si fa sentire prepotente. Tutti si aspettano che Fede e Massi gli versino un bel bicchiere di acqua fresca. E invece quello che ci regalano è un sorso di buon vino italiano. Il loro original emoziona e conquista il riservato pubblico di Helsinki. Quando sventoliamo bandiera e facciamo risuonare grida e applausi prima che i ragazzi scendano in pista una signora finlandese ci guarda con circospezione e ci rivolge un sorriso forzato come dire "non siamo mica allo stadio" (non a quello di calcio signora, ma il tifo si può fare anche qui). Alla fine dell'original è in piedi con noi ad applaudire la coppia italiana. "So charming!" commenta.
Charming come questi giovani fred e ginger che hanno sfidato tutto e tutti pur di rimanere fedeli allo spirito originale del film Inseguendo la flotta, ignorando i commenti negativi sui costumi, le pettinature e dimostrando che quando sei davvero bravo le paillettes e il tulle si possono anche lasciare a casa.
Poco dopo Anna Cappellini e Luca La Notte. Lui scende in pista con una contrattura al collo per cui ha dovuto abbandonare in anticipo l'allenamento. Ma come ogni per ogni grande atleta che si rispetti, una volta che la lama tocca il ghiaccio tutto il resto perde importanza. Il male si dimentica fino a che quei 2 minuti e rotti non sono passati. E mi viene in mente Barbara Fusar Poli capace di vincere insieme a Maurizio un oro mondiale pur con il collo completamente bloccato.
L'esercizio non è brillante come al solito ma Anna e Luca pattinano in modo pulito, non lasciano punti sul ghiaccio e si riscatteranno comunque nel libero agguantando un quinto posto che mi fa ricordare con nostalgia Helsinki '99, quando un'altra coppia italiana era arrivata quinta tra i festeggiamenti generali. Che questo sia di buon auspicio anche per loro.

E qui cominciano i segnali che qualcosa di grande sta per succedere. La mattina del libero mentre giro Helsinki con alcuni amici mi imbatto in un carillon che suona la musica di Moonlight Sonata, quella su cui Fede e Massi pattineranno il corto. Decidiamo che "se tutto va bene dopo il libero glielo regaliamo". E mentre usciamo dal negozio le note ci rimangono nelle orecchie, come uno strano presagio.
Il toponiglio intanto è tornato nelle nostre mani dopo qualche vicissitudine. L'avevo dato a Massimo durante il libero coppie, come da tradizione devono tenerlo lui e fede fino al libero, ma riaverlo non è stato così semplice, tra orari che si accavallavano e incontri mancati. A poche ore della gara però la mascotte torna nelle mie mani, pronta ad essere lanciata sul ghiaccio come d'abitudine.
Prima di andare a prendere la navetta per la pista decido di cambiarmi, avevo messo una maglia azzurra, ma poi decido, di vestirmi di viola, nonostante sia figlia di attori teatrali e si sa che per noi gente di teatro il viola è out. Ma Paola Mezzadri, storica allenatrice di Fede e Massi si veste sempre di viola alle gare e non so perché questa volta decido di farlo anch'io. Cambio anche scarpe mettendo quelle ufficali delle Olimpiadi. Stranamente mi danno fastidio, ma non ho tempo di pensarci, sono già in ritardo. Una volta in pista mi accorgo che c'è qualcosa incastrato tra lo scarponcino e la caviglia, forse una moneta. Ma come diamine c'è finita? Sto per toglierla ma ci ripenso. Lo farò a fine gara per scoprire che si trattava di un Franco d'argento. Una piccola monetina che Federica ha voluto alla fine della gara. Una monetina simile a quella che Paola Mezzadri aveva trovato in occasione di un'altra gara importante e che ora tiene sempre con sé.
Durante la gara mentre stiamo organizzando il lancio del toponiglio la macchina fotografica di Silvia, la nostra super reporter, si rompe. Consolandola (sta già pensando che ai gironali per cui lavora mancheranno le foto delle finali danza e donne) le dico "Sissi una sfortuna così grande non può che portare una grande fortuna".
Ci spostiamo in tribuna atleti per stringerci accanto alla mamma di Massi e agli altri amici che sono venuti a tifare Italia. E meno male perché la tranquillità di una mamma è quello che ci voleva per salvarci da un attacco isterico quando durante il primo sollevamento del libero il pattino di Massi prende una scanalatura del ghiaccio e trema visibilmente. "Cosa sta succedendo" chiede Fede impegnata a mantenere l'equilibrio, il sorriso forzatamente stampato sul volto, in uno di quei momenti dove la va o la spacca. "Tutto sotto controllo" risponde Massi stringendo i denti. Quella medaglia la vogliono troppo per perderla così. Forza. Forza. Tenete duro. I pensieri si susseguono nella testa mentre il programma si dipana sul ghiaccio, raccontado la storia di pierrot innamorato di una luna splendida e irraggiungibile. Ma non è irragiungibile la splendida medaglia d'argento che Fede e Massi agguantano con la forza della determinazione. E quando Federica si scioglie in lacrime sul podio, la mamma di Massi si lascia finalmente andare. "Ci voleva. Ci voleva. Dopo tutti questi anni". Ci voleva, sì. Perché quando sei al limitare del podio per tanto tempo o ti abbatti o stringi i denti e fai un grande salto per riuscire a salirci su quel gradino. E Fede e Massi il salto l'hanno fatto cambiando completamente la loro vita. Rinunciando agli affetti, all'Italia, a tuto quello che conoscevano per lanciarsi nel buio. Paese nuovo, nuovi allenatori, nuove abitudini. ma si sa che quando si esce da un tunnell la luce splende ancora di più. Proprio come quella medaglia sul petto che va stretta forte e guardata per riuscire a credere che sì, ce l'hai fatta, quel posto che sognavi e che sembrava così vicino eppure così lontano è tuo, finalmente. E dopo il giro d'onore Fede e Massi vengono ad abbracciarci a bordo pista e dopo aver stretto per un tempo infinito la sua super mamma Massi ti dice con un sorriso da bambino "non è che mi presti la bandiera per le foto?" (naturalmente, sì perché è la storica bandiera di Silvia, quella che era con noi ad Helsinki '99 e che ha visto tante altre medaglie e che è stata sulle spalle di altri campioni, Massi lo sa e la stringe forte prima di avvolgersela addosso come un mantello magico). Fede invece non riesce a parlare, non riesce a muoversi. Sta li di fronte a noi, a pochi passi e ci guarda con quegli occhi enormi ancora più spalancati, ancora più azzurri sotto il mascara sparso dalle lacrime. E sorride di un sorriso che è purissimo e vero, come l'argento della medaglia che ogni tanto guarda, come per assicurarsi di averla al collo. "SWì, Fede. ' tua, è vera e non te la toglie nessuno. Ce l'hai fatta" le dico con un sorriso che nasconde la commozione. E poi via verso i festeggiamenti. Via a comprare quel benedetto carillon che il giorno dopo gli regaliamo. Quello che devono ascoltare almeno cinque minuti, tra le risate generali, per essere sicuri che sì, suona proprio la musica del loro libero! E' una gioia diffusa quella per questa medaglia. Una gioia condivisa. Da Anna e Luca che ricevono con grazia i complimenti per il loro buon risultato finale con anna che mima il gesto di arrampicarsi con fatica su una parete scoscesa, come a dire che questo risultato l'hanno strappato con le unghie e con i denti, contro ogni previsione. Da Isabella Pajardi e Stefano Caruso, alla loro prima importante gara senior internazionale, con Stefano che abbraccia e festeggia Federica "che grande medaglia, mi ricordo ancora quando ci allenavamo nella stessa pista a Roma e io ti vedevo come un mito e adesso sto qui in squadra con voi e c'è sto argento. E allora mi dico che niente è impossibile e che magari anch'io..." e non finisce la frase ma ci mette alla fine quel suo sorriso disarmante e sicuro. Quello delle persone che sanno di poter fare cose grandi. Da Paola che ancora una volta ha dimostrato con i fatti il suo valore come allenatrice. Da Marika e Federico che hanno avuto il coraggio di fare un salto nel buio passando dalle rotelle al ghiaccio e che guardano la gioia che circonda Massi e Fede con la speranza che un giorno non lontano possa essere la loro.

E a propoisto di Marika e Federico approfitto di questo post pubblico per ringraziarli pubblicamente di aver condiviso con noi questa settimana di grandi gioie e di averci resi ancora una volta orgogliosi di loro. Sono sicura che la loro stoffa da campioni verrà fuori, loro che sanno trasformarsi ogni volta che scendono in pista. Per loro è un momento di passaggio e sono sicura che il loro grande cuore li guiderà verso grandi orizzonti. Dopo il libero coppie un tifoso finlandese mi ha stretto la mano "you have two great couples". E come dargli torto? La classe di Marika e Federico non è acqua e Della Monica e Kokon hanno regalato un inaspettato 6 posto dimostrando che sì l'Italia c'è, anche nelle coppie di artistico.
E per la gioia dei giornalisti italiani che aborrono il toponiglio vi annuncio che è comparsa una nuova mascotte: lo scimanu. Una scimmietta blu e celeste che accompagnerà Marika e Fede nelle loro prossime uscite. Tremate gente, tremate, le streghe son tornate...

Ma l'Italia c'è anche nell'artistico maschile. Eccome se c'è. E per ricordarcelo ci voleva un ragazzo francese naturalizzato italiano, di poche parole in entrambe le lingue ma con un cuore abbastanza grande da contenere tanto l'amore per la patria natale che quello per la patria di adozione.
Ci voleva un cowboy entusiasta e entusiasmante per unire il pubblico italiano e francese, sparso tra le tribune dell'Hartwall Arena, in un unico grido "Samuel, Samuel, Samuel". Lo stesso nome, solo con un accento diverso. Scene mai viste. Fan italiani e francesi che applaudono insieme e si sorridono. E se è riuscito a unire due tifoserie storicamente rivali ci si chiede cos'altro sarà capace di fare questo grande campione. Grande quanto la sua modestia. Lui che durante i festeggiamenti ufficiali per la sua e le altre medaglie della nazionale italiana ti dice con un sorriso schivo "adesso bisogna tornare al lavoro. Fra poco ci sono i mondiali e magari mandano me. Voglio essere pronto". Magari. Come se ci fossero dubbi in proposito dopo quello che è riuscito a fare sul ghiaccio. Ma Samuel è così. Uno che si sente sempre sotto esame, che non si accontenta mai, che si mette sempre in discussione anche quando fa cose grandi. Grandissime.Un programma quasi perfetto. E se non fosse stato per quel triplo diventato doppio, chissà...di sicuro per il pubblico di Helsinki la gara l'ha vinta lui, dietro solo ad un Joubert appannato come non mai. "Ma lui è comunque un grande" commenta Samuel senza invidia, senza ironia. Solo pura ammirazione e rispetto per il lavoro degli altri. "I ragazzi (francesi) sono miei amici. Con Ponsero mi sono allenato una vita. E poi mi hano fatto tutti i complimenti". Tutto rosa e fiori allora? "Con la Federazione (francese) non parlo. Poi c'è gente a cui dico ciao e buongiorno e gente a cui non dico ciao e buongiorno. Perché se mi ferisci io sopporto ma non dimentico. Magari ho un brutto carattere, ma sono fatto così. Non ci posso fare niente" E che le ferite non siano ancora del tutto rimarginate lo si sente dal tono della voce che si abbassa anche se sulle labbra rimane l'abituale sorriso. Certo questi Europei gli hanno tolto un bel peso dalle spalle. Dopo quattro anni fuori dalle grandi competizioni questo era il suo grande ritorno, la sua occasione per dimostrare che quelli che lo davano per finito non avevano fatto i conti con la sua forza di volontà, la sua etica del lavoro, la sua passione per il ghiaccio. Ma quando gli chiedi come si sente adesso, riesce solo ad alzare gli occhi al cielo sorridendo e a tirare un gran sospiro di sollievo. Poi guarda sua moglie, una presenza silenziosa ma costante al suo fianco, e sorride di nuovo. Sì perché questa piccola Mia Farrow italiana che nasconde dentro un corpo minuto e algido una volontà di ferro è la vera artefice di questo cambiamento. E' lei che lo ha sostenuto in tutte le fasi del suo passaggio all'Italia, che non ha mai smesso di redere che suo marito fosse un grande campione, anche quando tutti dicevano che era un fuoco di paglia, uno che aveva perso il treno. E invece il treno Samuel lo ha solo cambiato in corsa. E siamo felici che abbia scelto le ferrovie italiane, anche se quelle fracesi vanno più veloci e magari sulla carta sono migliori. Ma del resto come ha detto lui "anche la Federazione italiana mi ha scelto quando non avevo ancora fatto risultati".

Chi ne ha fatti di risultati invece è Carolina che arrivava a questi europei come favorita. Purtroppo un pizzico di sfortuna nel corto le ha tolto quello che sarebbe stato un oro più che meritato, considerato come ha pattinato il libero. Purtroppo la seguivo dall'albergo dato che un virus mi ha abbattuto a letto (non prima di avermi fatto svenire in un bar sotto lo sguardo attonito dei finlandesi presenti) proprio sabato mattina. L'emozione però è stata ugualmente forte e alla fine dell'esercizio perfino un suo storico detrattore tra le fila italiane ha commentato "questa sì che è una campionessa". E lo è soprattutto come persona, lei che tra i festeggiamenti generali e pur con la delusione nel cuore per una tripletta che non è arrivata ha avuto la grazia di ricordare e ringraziare il team leader, Walter Zuccaro, storico giudice italiano, per il supporto e la serenità che ha dato a tutti in una settimana cos importante. Campionessa come il suo compagno, Alex che ha saputo alleggerire con il suo incontenibile umorismo le giornate di gara. Indimenticabile durante il party finale (a cui si è presentato con gli storici occhiali a cuore perché "bisogna prenderle con il sorriso le cose") il momento in cui ha trascinato una giornalista giapponese al centro della stanza gridando "E' Mao Asada! Mao Asada è venuta a farci i complimenti!"

E così la settimana è passata tra una risata e l'altra, tra un'emozione e l'altra, tra un argento e l'altro.
Ci sono gare che valgono più delle altre, gare che ti rimangono nel cuore e ce sai già che ricorderai a vita.
Questa era una di quelle.

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