§Topo da biblioteca§
"Il Paradiso sarà fare esattamente quello che più ti piaceva fare in vita, quell’attività che ti ha insegnato come il tempo, a volte, non sia un fardello da trascinare".
Nathan Englander, Per alleviare insopportabili impulsi
Ecco quando leggo certe cose cominciano a turbinarmi in testa mille pensieri. Cosa farò in Paradiso?
Guarderò i miei atleti preferiti pattinare i loro programmi "storici" (già rivedo Torvill e Dean sul Bolero di Ravel)? Leggerò tutti i libri di Amelie Nothomb (compresi i 40 inediti che tiene chiusi in un baule)? Disegnerò su un enorme superficie candida avendo a disposizione una gradazione infinita di Pantone? Scriverò tutto quello che ho conservato e maturato nel cuore in vita? Riguarderò tutta la stagione di "Homefront" seguita dagli altri telefilm "cult" che hanno formato la mia cultura pop? Percorrerò a piedi tutta l'Irlanda, insieme alle mie amiche del cuore, scoprendo un angolo nascosto dietro l'altro, fermandomi ogni sera in un B&B diverso, sotto un cielo "che si apre e si chiude al tempo della musica"? Passerò tutto il tempo a chiacchierare con mia nonna davanti a una tazza di tè verde e una fetta di crostata alla marmellata di succhelle?
Il fatto è che non riesco a pensare a una cosa soltanto, sono tanti i momenti che non ti fanno sentire il peso del tempo. E poi non vorrei solo fare tutte quelle cose che hanno reso il mio tempo più leggero in vita. Vorrei fare anche le mille altre che non ho avuto il tempo di fare!
In realtà poi quando penso al Paradiso mi viene sempre in mente un racconto che la mia insegnante di danza ci aveva fatto leggere e adattare per uno spettacolo di Natale (in assoluto il mio spettacolo preferito!).
Le ombre degli antichi abitanti della terra vagavano in una sorta di limbo in cui ognuno faceva le stesse azioni che aveva compiuto in vita, ma senza la durezza e la consistenza di un corpo da gestire. I primitivi andavano a caccia con clave fatte di nuvole, i cittadini aprivano la porta dei loro appartamenti girando nella toppa chiavi immaginarie. C'erano perfino biblioteche e università, ma tutto era assolutamente inconsistente. Un giorno in una di queste biblioteche uno studente incontra una ragazza che aveva già incontrato fuggevolmente in vita. I due non si erano mai neppure parlati se non per gli abituali convenevoli e per decidere se la finestra della sala studio dovesse essere tenuta aperta o chiusa. La morte prematura del giovane aveva impedito che la situazione si evolvesse. Ma ecco che ora c'è un'altra occasione. I due finalmente entrano in contatto, un contatto reale nonostante l'assenza di un corpo con cui connettersi. La ragazza scopre che lo studente è morto di tisi, aggravandosi proprio a causa di quella finestra tenuta aperta per accontentarla. Il ragazzo scopre che la giovane l'aveva a sua volta notato e che era morta proprio cercando di raggiungere la biblioteca sotto i bombardamenti.
Intanto nel bel mezzo del luogo senza nome fatto di nuvole e assenza compare una scatola. Una scatola vera, di legno laccato e chiusa con un lucchetto. Naturalmente nessuno riesce ad aprirla, non potendola toccare, ma tutti cominciano a domandarsi cosa mai possa nascondere. Gli unici che non si curano della scatola sono proprio i due giovani innamorati troppo occupati a vivere quello che la morte prematura gli aveva strappato.
Lentamente i corpi dei due giovani riprendono consistenza. Prima un fiato cristallizzato dal freddo, poi le guance che si arrossano, le mani che si stringono, gli occhi che si colorano mentre si guardano. Più le anime si risvegliano e si concedono l'una all'altra, più i corpi si riscoprono vivi e veri, pur se ancora tra le nuvole.
I protagonisti, seguiti dalle ombre degli altri abitanti del limbo celeste, si recano nel luogo dove è conservata la misteriosa scatola di legno. Quando la aprono vi scoprono una serie di oggetti che avevano posseduto in vita, in un certo senso rivedono e rivivono attraverso di essi il loro passato. Ed è così che finalmente alleggeriti dal peso delle convenzioni, delle costrizioni e del rimpianto, possono camminare abbracciati verso un nuovo mondo dove è il peso dell'anima a contare davvero.
Chissà se qualcuno ha riconosciuto questa storia? Non ricordo più il titolo o l'autore, l'ho letta solo una volta a 14 anni, ma mi è rimasta così impressa nella memoria che ora ogni volta che penso all'Aldilà ho nella mente l'immagine di un mondo fatto di nuvole e ombre che vagano e si intrecciano in attesa di ritrovare anima e consistenza.
"Il Paradiso sarà fare esattamente quello che più ti piaceva fare in vita, quell’attività che ti ha insegnato come il tempo, a volte, non sia un fardello da trascinare".
Nathan Englander, Per alleviare insopportabili impulsi
Ecco quando leggo certe cose cominciano a turbinarmi in testa mille pensieri. Cosa farò in Paradiso?
Guarderò i miei atleti preferiti pattinare i loro programmi "storici" (già rivedo Torvill e Dean sul Bolero di Ravel)? Leggerò tutti i libri di Amelie Nothomb (compresi i 40 inediti che tiene chiusi in un baule)? Disegnerò su un enorme superficie candida avendo a disposizione una gradazione infinita di Pantone? Scriverò tutto quello che ho conservato e maturato nel cuore in vita? Riguarderò tutta la stagione di "Homefront" seguita dagli altri telefilm "cult" che hanno formato la mia cultura pop? Percorrerò a piedi tutta l'Irlanda, insieme alle mie amiche del cuore, scoprendo un angolo nascosto dietro l'altro, fermandomi ogni sera in un B&B diverso, sotto un cielo "che si apre e si chiude al tempo della musica"? Passerò tutto il tempo a chiacchierare con mia nonna davanti a una tazza di tè verde e una fetta di crostata alla marmellata di succhelle?
Il fatto è che non riesco a pensare a una cosa soltanto, sono tanti i momenti che non ti fanno sentire il peso del tempo. E poi non vorrei solo fare tutte quelle cose che hanno reso il mio tempo più leggero in vita. Vorrei fare anche le mille altre che non ho avuto il tempo di fare!
In realtà poi quando penso al Paradiso mi viene sempre in mente un racconto che la mia insegnante di danza ci aveva fatto leggere e adattare per uno spettacolo di Natale (in assoluto il mio spettacolo preferito!).
Le ombre degli antichi abitanti della terra vagavano in una sorta di limbo in cui ognuno faceva le stesse azioni che aveva compiuto in vita, ma senza la durezza e la consistenza di un corpo da gestire. I primitivi andavano a caccia con clave fatte di nuvole, i cittadini aprivano la porta dei loro appartamenti girando nella toppa chiavi immaginarie. C'erano perfino biblioteche e università, ma tutto era assolutamente inconsistente. Un giorno in una di queste biblioteche uno studente incontra una ragazza che aveva già incontrato fuggevolmente in vita. I due non si erano mai neppure parlati se non per gli abituali convenevoli e per decidere se la finestra della sala studio dovesse essere tenuta aperta o chiusa. La morte prematura del giovane aveva impedito che la situazione si evolvesse. Ma ecco che ora c'è un'altra occasione. I due finalmente entrano in contatto, un contatto reale nonostante l'assenza di un corpo con cui connettersi. La ragazza scopre che lo studente è morto di tisi, aggravandosi proprio a causa di quella finestra tenuta aperta per accontentarla. Il ragazzo scopre che la giovane l'aveva a sua volta notato e che era morta proprio cercando di raggiungere la biblioteca sotto i bombardamenti.
Intanto nel bel mezzo del luogo senza nome fatto di nuvole e assenza compare una scatola. Una scatola vera, di legno laccato e chiusa con un lucchetto. Naturalmente nessuno riesce ad aprirla, non potendola toccare, ma tutti cominciano a domandarsi cosa mai possa nascondere. Gli unici che non si curano della scatola sono proprio i due giovani innamorati troppo occupati a vivere quello che la morte prematura gli aveva strappato.
Lentamente i corpi dei due giovani riprendono consistenza. Prima un fiato cristallizzato dal freddo, poi le guance che si arrossano, le mani che si stringono, gli occhi che si colorano mentre si guardano. Più le anime si risvegliano e si concedono l'una all'altra, più i corpi si riscoprono vivi e veri, pur se ancora tra le nuvole.
I protagonisti, seguiti dalle ombre degli altri abitanti del limbo celeste, si recano nel luogo dove è conservata la misteriosa scatola di legno. Quando la aprono vi scoprono una serie di oggetti che avevano posseduto in vita, in un certo senso rivedono e rivivono attraverso di essi il loro passato. Ed è così che finalmente alleggeriti dal peso delle convenzioni, delle costrizioni e del rimpianto, possono camminare abbracciati verso un nuovo mondo dove è il peso dell'anima a contare davvero.
Chissà se qualcuno ha riconosciuto questa storia? Non ricordo più il titolo o l'autore, l'ho letta solo una volta a 14 anni, ma mi è rimasta così impressa nella memoria che ora ogni volta che penso all'Aldilà ho nella mente l'immagine di un mondo fatto di nuvole e ombre che vagano e si intrecciano in attesa di ritrovare anima e consistenza.
Bax
Saki
6 commenti:
cara saki,
Mi dispiace ma non so dirti il nome di questa storia affascinante. Pensi che il paradiso debba essere nell'aldilà, non potrebbe essere nell'aldiquà? Dopotutto il nostro pianeta non sarebbe tanto male senza malvagità... potresti approfondire l' argomento? mi sembri una persona molto profonda. comunque cambiando argomento,bello il commento di Pirandello(1 a 0 per te!). ps: anch'io ho fatto danza in emilia, chissà magari ti conosco... by DAPHNE
Cara Daphne,
io studiavo alla scuola di danza teatro della Perego, ma da ragazzina, poi ho dovuto smettere per problemi al ginocchio!
Il Paradiso in terra...beh ci sono quei momenti che chiamo stati di grazia, angoli di Paradiso in piena terra, questo sì. Uno si immagina che il Paradiso debba essere sempre così, un perenne stato di grazia...però mi chiedo, senza i momenti negativi a fare da contrappunto sentiremmo la stessa felicità nei momenti positivi? Ci accorgeremmo di "essere felici" se lo fossimo sempre? Mah...intanto mi godo l'aldiquà!
BAX
Saki
Beh allora niente, facevo danza a Bologna (ho smesso perchè mi stava venendo una nocetta prematura stile Roberto Bolle,hi hi)... comunque ho riflettuto parecchio su quello che hai scritto e, per farti capire quello che penso, trovo che non ci si accorga di quanto sia bello vederci solo quando si è stati ciechi(è solo un esempio,eh). Baci by DAPHNE
Io non so se ci vado in Paradiso... Un pò perchè avendo letto Harry Potter sono 7 volte scomunicato, un pò per altri motivi... e poi se non hanno una cucina esuper attrezzata e una buona compagnia che ci andiamo a fare?!?!
Io non so se ci vado in Paradiso... Un pò perchè avendo letto Harry Potter sono 7 volte scomunicato, un pò per altri motivi... e poi se non hanno una cucina esuper attrezzata e una buona compagnia che ci andiamo a fare?!?!
Povolac,
sono d'accordo con te: Harry Potter è proprio demoniaco! Ma se non lo leggi più potresti anche andarci in paradiso...
By DAPHNE
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