mercoledì 8 agosto 2012

"Un uomo solo è al comando"



§Eroi e antieroi§

Delusione. Condanna. Giudizio. Ironia. Dolore. Si mescolano nelle parole lanciate in Rete subito dopo che la notizia viene battuta dall'ANSA e ripresa da tutti i quotidiani italiani e stranieri.
All'improvviso la faccia pulita e sorridente di Alex Schwazer, non a caso scelta per pubblicizzare una celebre merendina "sana e genuina", diventa testimonial di un prodotto altrettanto celebre e probabilmente ancora più diffuso. L'Epo.
E mentre i giornali pubblicano infinite statistiche e ripercorrono le vite parallele di altre medaglie sciolte nell'acido del doping, a me viene in mente una serata a Helsinki.
Rivedo il sorriso bianchissimo di un uomo con la faccia da ragazzo e la battuta pronta. Ricordo distintamente i commenti lusinghieri che lo circondavano, le braccia e le mani che lo cercavano desiderose di sfiorare qualcuno che profumava di vittoria.
Alex era ancora sul tetto del mondo quella notte, e non si stava neanche festeggiando la sua gara. Lui era li come fidanzato di Carolina, lei che neanche era troppo in vena di festeggiamenti dato che l'oro a portata di mano le era sfuggito per una prestazione opaca, eppure era scesa lo stesso a binrindare insieme agli altri, la testa alta e il sorriso sulle labbra nonostante tutto. Alex al suo fianco, in disparte ma pronto a distogliere l'attenzione da lei, se questa fosse diventata un peso.
Io ero li insieme allo storico inossidabile gruppo degli amici di Baby e Mauri, Fusar-Poli Margaglio, i grandi campioni che neanche gareggiavano quella sera. Quella sera si faceva festa alle inattese ma fortemente volute medaglie di Faiella Scali nella danza e Contesti nell'artistico.
I flash si susseguivano, ma non per Alex. Lui stava sullo sfondo. E noi con lui.
"E a noi nessuno chiede una foto? Dai una foto degli imbucati alla festa!" ricordo che avevamo scherzato e ci eravamo fatti una foto insieme mentre continuavamo a ridere e lui continuava a fare battute anche mentre l'obiettivo scattava. Quegli impossibili occhiali da sole a cuore appesi al maglione.

E' proprio simpatico. Avevamo commentato. Un ragazzo solare. Aveva chiosato qualcun altro.
Era solo il 2009 eppure sembra essersi aperto un abisso tra l'allora e l'ora.
Tutti amavano Alex allora.
Ora su Internet si moltiplicano le parodie impietose che trasformano l'atleta in caricatura, usando tutto quello che l'uomo ha detto e fatto per scrivere una storia diversa, da leggersi sotto la nuova luce gettata dalle sue ultime dichiarazioni "ho sbagliato io, la mia carriera è finita".
Molti parlano di "traditore olimpico", altri si preoccupano delle conseguenze che il gesto "di uno solo" avrà su tutti, altri ancora si vantano della rapidità con cui la "punizione esemplare" è stata assegnata al traditore solitario.
In tutte le dichiarazioni, le accuse, le frasi deluse si parla sempre di uno solo. Alex Schwazer. Lo stesso Alex Schwazer dice "ho fatto tutto da solo".
Solo. Appunto.
Proprio su questa parola si dovrebbe mettere l'accento.
Perché se è vero che la solitudine è connaturata al maratoneta e come diceva Calvino "anche questo è un vantaggio del correre rispetto agli altri sport, ognuno va per conto suo e non ha da rendere conto agli altri", è vero anche che un atleta olimpico non è davvero solo.
Dietro di lui c'è un entourage fatto di allenatori, preparatori, sponsor, medici e più in alto c'è una federazione e più in alto ancora un comitato olimpico nazionale e via ancora come in un gioco di scatole cinesi di cui non si vede la fine.
Eppure Alex Schwazer è rimasto solo. Ha fatto tutto da solo.
E mentre il CONI proclama la propria efficienza nell'escludere l'atleta dalla squadra olimpica, nonostante i controlli anti-doping siano stati opera dell'Agenzia mondiale WADA lasciando ben poco margine di scelta al nostro comitato e alla nostra federazione, alcune voci fuori dal coro si chiedono "come sia possibile che l'atleta di punta della nazionale di atletica sia sfuggito di mano a una federazione che tutto puntava su di lui" (gazzetta dello sport) e se quello di Schwazer non diventerà l'ennesimo "alibi Olimpico" (Espresso). «Lo avevo detto. Meglio vincere meno medaglie ma essere puliti», ha commentato infatti Petrucci. Della serie: è vero abbiamo vinto poco, ma non è perché a differenza di altre nazioni noi investiamo poco o abbiamo fatto errori nella preparazione dei nostri atleti, è perché noi siamo puliti, facciamo controlli più severi e i "cattivi" li becchiamo e li escludiamo al volo.
E così come in ogni favola che si rispetti abbiamo il nostro lieto fine. Il cattivo è stato scoperto e punito. Si chiama Alex Schwazer. Ed è il solo.
Solo ad affrontare la condanna generale. Che grazie all'immediatezza garantita dai social network è quanto mai rapida, diffusa e impietosa. Basta fare una visita ai suoi account ufficiali per rendersene conto.
Solo a scegliere il doping.
Solo.
E' questa la parola chiave della vicenda.
Una parola che dovrebbe allarmare, invece di tranquillizzare gli animi.
Una parola che sembra aver compreso fino in fondo solo suo padre Josef Schwazer, quando dichiara "psicologicamente non reggeva piu. Si era chiuso in se stesso. Si allenava da solo. Spero di poter rimediare agli errori che ho fatto con lui. Ripeto, la colpa è mia. Nei momenti difficili serve un padre che riesca a stare vicino a un figlio. Per questo chiedo perdono ad Alex. Tireremo avanti".
Una lettura della situazione lucida, impietosa. Alex è stato lasciato solo a correre la sua gara contro se stesso, contro l'immagine vincente che gli era stata appiccicata addosso.
Solo.  
Vorrei essere tra quelli che riesce a credere che Alex Schwazer sia davvero "il solo" cattivo di questa favola. Un caso isolato, appunto.
Ma per ora riesco solo a credere che Alex è stato il solo atleta, che io ricordi, che ha riconosciuto subito il suo errore, senza se e senza ma.
«So di aver sbagliato, la mia carriera è finita. Meglio che non mi chieda come sto, ho sbagliato... Volevo essere più forte per questa Olimpiade, ho sbagliato». «Ho fatto tutto da solo e di testa mia - prosegue nella sua dichiarazione l'atleta azzurro - e dunque mi assumo tutte le responsabilità per quello che è successo». Poi, la conclusione: «La mia vita nell'atletica è finita oggi».
Di questo però in pochi parlano. Anzi Didoni, lo stesso allenatore che lo avrebbe seguito passo passo sacrificando anche la sua famiglia per lui, ma incredibilmente senza accorgersi della fragilità del suo atleta di punta (e ha ragione allora Didoni a dire che "forse devo cambiare mestiere"), accusa Alex Schwazer di essere "puerile" proprio perché afferma di volersi "prendere tutte le responsabilità".
"Il suo gesto individuale ricadrà su tanti" spiega Didoni con tono accusatorio.
Io spero solo che sia vero.
Perché se Alex Schwazer è davvero stato lasciato solo o tale si è sentito nella lunga preparazione alle Olimpiadi, tanto solo da vedere nel doping l'unica possibilità di colmare il vuoto che si allargava dentro e intorno a lui, questa solitudine è il frutto dell'opera (o piuttosto della mancanza d'opera) di tanti.
Se Alex Schwazer è rimasto "un uomo solo al comando" nella gara più importante, quella della vita, dopo le accuse, le recriminazioni e le parole deluse, qualche domanda bisognerà pur farsela.
E se davvero vogliamo cambiare qualcosa, se davvero vogliamo che questa ennesima vicenda serva a qualcosa, non potrà essere Alex Schwazer il solo a farsi un esame di coscienza.
Continua...Read more!