§Eroi e antieroi§
Che sia vero o falso questo è uno degli esperimenti più interessanti degli ultimi anni, documentaristicamente parlando. Presentato alla mostra del cinema di Venezia 2010, I'm still here (regia di Casey Affleck), racconta "l'anno perduto di Joaquin Phoenix", secondo il sottotitolo ufficiale.
Attore più volte nominato agli Oscar, acclamato da critica e pubblico, nel 2008 e nel bel mezzo del tour promozionale per il suo ultimo successo, Two lovers, Joaquin annuncia il suo ritiro dalle scene. Tutti pensano a un gigantesco scherzo. Ehi, Ashton Kutcher salta fuori da dietro quel paravento! La cosa sembra ancora più assurda quando Joaquin, il bel volto ormai completamente nascosto da un fluente barbone e gli occhi blu oscurati dagli ormai onnipresenti occhiali da sole, afferma di volersi rilanciare come artista hip hop. Seguono una serie di interviste "al limite", tra cui quella con David Letterman che conclude con la celebre chiosa "Joaquin, mi spiace che tu non sia potuto venire stasera". Pubblico e giornalisti sono costantemente in bilico tra l'angosciosa sensazione che una tragedia umana si sta consumando in diretta televisiva e l'incredulità che vuole sciogliersi in una risata liberatoria. Una risata che non riesce mai a scoppiare completamente, perché Joaquin non lascia mai cadere la sua maschera di tormento e disagio. Mai. In un anno intero. Mentre i mesi passano e quelle che ormai vengono definite "le follie di Joaquin" si susseguono, la risata liberatoria che tutti si attendono tarda ad arrivare, ma nessuno vuole credere che non arriverà mai. Perchè è ovvio che quando finalmente Joaquin si deciderà a rasarsi e togliersi quegli occhiali scuri per guardare il suo pubblico nel profondo, come solo lui sa fare, per poi strizzare l'occhio divertito, perché sì, questa è stata la mia migliore interpretazione e vi ho portato tutti con me in questo viaggio, altro che Oscar, scoppieremo a ridere tutti insieme, lui con noi, noi con lui. Perché questa è Hollywood baby. O no?
Nel 2009 finalmente qualcosa di rassicurante. Casey Affleck, fratello del più celebre Ben che l'ha diretto nello struggente Gone baby Gone, annuncia il suo primo film da regista: un documentario che segue passo passo la vita di suo cognato Joaquin Phoenix, dopo l'annuncio del suo ritiro dalle scene e nei suoi fallimentari tentativi di diventare un artista hip hop.
"Non voglio più interpretare il personaggio di Joaquin" commenterà l'attore e "la mia vita sta diventando un film su me che non voglio fare un film". E a commento delle sue disastrose escursioni nel mondo dell'hip hop "Il sogno è troppo grande o è solo il sogno sbagliato?"
Vero, falso. Documentario o mokumentario. Pubblica e critica sono divisi. Forse la crisi di Joaquin è reale, forse è la più grande prova d'attore mai data dopo Greta Garbo, certo è che questo film apre una serie di domande ma lascia al suo pubblico l'onere di cercare delle risposte.
Una crisi personale è vera se si dipana di fronte all'obiettivo di una telecamera, pubblicamente? Joaquin ha vissuto quest'anno realmente o le telecamere che lo hanno seguito ovunque hanno reso finto ogni suo gesto? Un attore è mai davvero se steso davanti alle telecamere? Fino a che punto si può parlare di verità brutali e quando invece si oltrepassa la soglia dell'esibizionismo? E soprattutto Joaquin Phoenix è davvero ancora qui con noi?
Dopo la fine delle riprese i suoi gesti e le sue giornate sono stati inghiottiti nel nulla dell'anonimato di una vita lontana dai riflettori, siano essi quelli di un palcoscenico o di un set. Alla conferenza stampa dedicata al film l'assenza di Joaquin è suonata come una nota stonata, o forse come la prova definitiva che sì, tutto quello che abbiamo visto nel film è vero. O forse, come urla Joaquin in una delle scene del documentario, arrampicato sulla cima di un albero, subito dopo la sua disastrosa performance al David Letterman Show, "Sono destinato a essere un dannato scherzo da qui all'eternità". E noi con lui.
Ed ecco il trailer.
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martedì 7 settembre 2010
I'm still here...per davvero?
lunedì 6 settembre 2010
Quando la Rete intrappola la tua reputazione...Evan twitter incident
§Pattini d'argento§
Meyrowitz scrive nel suo libro "Oltre il senso del luogo" che se all'epoca ci fosse stata la televisione, Roosvelt non sarebbe mai stato eletto. La sua voce calda era molto radiofonica e aveva contribuito a dare di lui un'immagine forte e sicura. Ma gli elettori, in un momento di forte crisi economica e politica, si sarebbero ugualmente affidati a lui se l'avessero visto claudicante, gracile e con quell'aria malaticcia? La tv avrebbe ucciso la reputazione che si era guadagnato con la sua brillante oratoria alla radio.
I personaggi pubblici sono cambiati, perché i media sono cambiati e chi adava bene per la radio, non va altrettanto bene per la televisione, del resto chi va bene per la televisione non necessariamente va altrettanto bene per la Rete. Ci sono molti casi che lo provano e oggi ho deciso di raccontarne uno, un po' perché il modo in cui si è svolto è particolarmente esemplare e un po' perché è accaduto proprio nel mondo in cui mi trovo più a mio agio, ovvero sul ghiaccio. Ma andiamo con ordine.
L'hanno chiamato twitter incident...anche in Cina. Quello che è accaduto, però, ha ben poco dell'accidentale, anche se il modo in cui è lievitato non era sicuramente prevedibile. O forse avrebbero dovuto esserlo, visto e considerato che Oggi viviamo in quello che ormai tutti chiamano web 4.0, ovvero un web dominato dai social networtk. E le reti, si sa, sono capaci di sostenere ma anche di avvignhiarti e trascinarti sul fondo, se non le usi bene. Con 65 milioni di tweet al giorno (secondo le ultime stime) le informazioni non corrono, volano. Se sei fortunato o abbastanza veloce puoi cliccare sul tasto cancella prima che altri si accorgano del tuo "commento sgradevole", nel caso peggiore, quando senti l'eco del tuo commento tornare indietro centuplicato in negativo, non ti resta che scusarti e ritirare quello che hai detto.
Oppure puoi prendere la terza strada. Quella di chi non ha ancora capito che i social network sono certo dei potenti amplificatori della fama di un personaggio pubblico, ma possono anche distruggere la sua reputazione, con un solo post. Perché la comunicazione tramite social network tra una public persona e i suoi fan è più delicata di quanto non sembri e avere un profilo su facebook e twitter può rivelarsi controproducente, se non si è pronti a gestire le situazioni di "crisi comunicativa" che si possono presentare dopo ogni singolo post. Perché il rumore della rete, il buzz che magari tu stesso hai contribuito a sollevare, non si placa così facilmente.
Ma andiamo al sodo. Tutto è cominciato con un twitter di Evan Lysacek, fresco campione olimpico a Vancouver. Ricordate Vancouver? Ricordate la telecronaca della tv canadese di cui vi ho parlato qualche post fa? Ricordate che due commentatori del Quebec avevano messo in dubbio la natura sessuale di Johnny Weir chiedendo che venisse effettuato un gender test per assicurarsi che gareggiasse nella categoria giusta, quella maschile, e non fosse invece una donna sotto "mentite spoglie"? Ricordate il polverone che si era sollevato, con tanto di stampa internazionale schierata al fianco del pattinatore americano dall'immagine ribelle ai comuni canoni maschili e femminili? Ricordate che molti avevano chiesto addirittura la "testa" (leggi il posto di lavoro) dei due commentatori, salvati solo dall'intervento di Weir che aveva preferito richiamarli alle loro responsabilità di "personaggi pubblici" piuttosto che cucirgli la bocca con un licenziamento? Ecco tenetelo a mente...
Dicevo, Evan, tra un post e l'altro, si prende la briga di rispondere a un fan che gli chiede se Johnny Weir sia un uomo o una donna, dato che nelle ultime foto pubblicate gioca con la sua immagine androgina. Gli stessi fan di Lysacek, notoriamente non in buoni rapporti con il compagno di squadra Weir, criticano la mancanza di tatto della domanda e accusano TahitianFantasy di essere "fuori luogo".
Quello che nessuno si aspetta è però di vedere, 5 giorni più tardi, che Evan Lysacek risponde al commento di TahitianFantasy...per criticarlo o ammonirlo di tenere fuori dal suo twitter ufficiale (e sottolineo ufficiale, tenetelo a mente) certe battute sopra le righe? No. Per rispondere con una battuta. Anche più sopra le righe del commento. "Il verdetto deve ancora essere emesso" commenta Evan.
Quella che voleva essere probabilmente una battuta di spirito detta "tra amici" (primo errore strategico perché non sempre i followers del twitter di un personaggio pubblico sono tutti suoi fan, anzi) scatena un flood inimmaginabile. Le associazioni gay accusano Lysacek di aver pubblicato sulla sua pagina ufficiale un commento omofobo, proprio lui che, come campione olimpico, dovrebbe essere un esempio per la comunità. Il fatto poi che la risposta di Lysacek metta in dubbio non tanto l'orientamento sessuale di Weir, ma addirittura la sua stessa natura sessuale e la sua identità, fa mobilitare anche le associazioni transgender. La capillarità della rete fa sì che il twitter di Evan venga ri-twitterato milioni di volte mentre screen shot del suo commento vengono postate nei blog di gossip e di settore.
A questo punto scatta l'operazione contenimento danni. Evan ha un'agente di ferro, tale Yuki, che più volte lo ha salvato da questo tipo di incidenti. Sempre nel mondo reale o in televisione, però. E' la prima volta che Evan e il suo team devono affrontare un'emergenza di "rete". In pochi minuti sulla pagina twitter di Evan compare un post dell'atleta, il quale sottolinea che lo screen shot comparso sui blog e sulla stampa di settore non proviene dalla sua pagina ufficiale, ma da un twitter account non verificato.
Seguono una dichiarazione che sottolinea come, nell'account twitter falso, Lysacek non sia scritto con una L maiuscola come iniziale ma con una i maiuscola ovvero Iysacek. Evan afferma che le cose postate su quell'account non gli sarebbero MAI neanche passate per la testa.
In una nota finale Lysacek sottolinea che i suoi reps si stanno occupando del caso che da questo momento "non è più nelle sue mani".
Tutto è bene quel che finisce bene dunque? Non proprio. Perché come dice sempre saggiamente mia nonna "verba volant, scripta manent" anche in un luogo apparentemente "volatile" come la Rete. Con l'aiuto del falso Evan, che a questo punto si sente tirato in causa, essendo stato accusato di omofobia e transgender-fobia, i blogger ricostruiscono i fatti dimotrando che il commento offensivo è stato postato proprio sul twitter ufficiale di Evan Lysacek e non su un account falso.
Come vedete dalle parti provvidenzialmente evidenziate dai blogger, che si sono presi a cuore il caso, il commento "verdict is still out" è postato sulla stessa pagina in cui Lysacek afferma che il commento è stato postato su un account non verificato. A riprova della realtà dei fatti gli investigatori della rete hanno postato addirittura il codice sorgente della pagina twitter di Evan che dimostra come il commento è stato postato dall'amministratore del twitter account VERIFICATO di Evan Lysacek (che poi sia lui o la sua PR ad aver postato il commento di risposta mi sembra abbia poca importanza a questo punto). In molti hanno postato anche gli screen caps originali, non ritagliati per dimostrare che le affermazioni comparse sul twitter di Evan non sono state in alcun modo modificate. Se vi interesano scaricateli in fretta perché l'operazione di copertura dell'incidente sta procedendo alla velocità della luce e le fonti scompaiono a vista d'occhio. In effetti in poco tempo tutti i twitter di Evan relativi al presunto falso account, le risposte della sua manager Yuki e i commenti dei fan vengono cancellati dall'account twitter di Evan. Comunque troppo tardi.
E lastoria non finisce qui....voltate pagina...
Tutte le fonti indicano una sola cosa. Il commento che ha scatenato tutto è stato postato sul twitter ufficiale di Evan e da Evan, o chi per lui aggiorna il suo twitter. Non c'è neanche la possibilità di parlare di una svista o di un "incidente". La risposta a TahitianFantasy arriva 5 giorni dopo che il commento è stato postato, quindi per dare quella risposta Evan deve aver letto tutti i commenti arrivati e aver scelto di rispondere proprio a quel commento. La risposta "il verdetto non è ancora stato emesso" rimane online più di 12 ore nonostante le proteste dei followers di Evan. Ancora più grave, da un punto di vista di netiquette, la risposta rimane online mentre Evan continua tranquillamente a twitterare di altro, del compleanno di un amico, di un nuovo gioco, di un pranzo succulento. Mentre il mondo digitale si indigna, nel mondo reale la vita di Evan prosegue, come se niente fosse. Del resto la storia del fake account su twitter dovrebbe aver risolto la cosa, o no? E' quello che sembra pensare anche la sua agente Yuki che riposta il commento di Evan riguardo all'account falso nel tentativo di far girare la voce che il commento offenivo su Johnny Weir non è stato in alcun modo postato dal suo cliente. Peccato che dopo che la rete si muove per dimostrare che il commento si trova in effetti sull'account ufficiale di Evan, Yuki cancella dal suo twitter tutti i post relativi al fake account, Evan fa anche di più, cancellando tutti gli ultimi tweet, giusto per sicurezza. La Rete però è vischiosa e grazie a uno screen cap preso dal google reader di un anonimo utente è chiaro a tutti che sia Evan che Yuki sono coinvolti nella faccenda
In più il famoso proprietario del fake account @Evan Iysacek, ora rinominato @notevanidiot, si distanzia più volte dalle posizioni espresse da Lysacek nel suo blog verso Weir. "Sono estremamente deluso dal mio alter ego reale" commenta "Nessuno dovrebbe fare un commento del genere. Io, il falso Evan, prometto di essere meglio di quello vero". La rete plaude l'Evan virtuale e il suo twitter acquista centinaia di nuovi followers in segno di supporto.
In sostanza Evan esprime pubblicamente sul suo twitter un commento offensivo che mette in questione la natura sessuale del suo compagno di squadra Johnny Weir, saltando così sul treno del "gender-test" che era già rovinosamente deragliato alle Olimpiadi di Vancouver (vedi qualche post più sotto). Non solo non si scusa, ma tenta di incolpare un falso account, e quando i nativi della rete provano senza ombra di dubbio che il commento proviene dal suo account ufficiale si limita a cancellarlo fingendo che non sia successo nulla. Il problema è che twitter è una sorta di diario in tempo reale e quello dei personaggi pubblii è spesso...pubblico, perciò molti hanno visto il commento comparire in tempo reale sull'account di Evan e hanno le screen caps che lo provano. Il fatto che Evan continui a incolpare famigerati "cattivi Evan virtuali" o finga che quel commento non sia mai esistito prova non solo quanto sia poco funzionale la sua strategia di contenimento dei danni, ma anche che non ha idea di come DAVVERO funzioni twitter o forse spera solo che i suoi fan non sappiano come funziona.
Come spesso accade però i fan dimostrano di essere una delle categorie di persone più attente al funzionamento delle nuove tecnologie e più abili nell'usarle a proprio vantaggio.
L'intera controversia si è gonfiata a dismisura proprio perché il comportamento di Lysacek ha implicitamente sfidato i followers del suo twitter trattandoli come dei conoscitori superficiali del mezzo. E' proprio la sfida all'intelligenza dei suoi stessi fan che ha scatenato un'operazione investigativa di cui Grissom (CSI) sarebbe orgoglioso.
A questo punto scatta una seconda strategia di contenimento, altrettanto prevedibile e poco efficacie.
Non pago di quello che ha già sollevato, Lysacek mette in giro nuova polvere, lamentandosi che il suo account twitter deve essere PER FORZA stato violato da un hacker che, guarda caso, ha deciso di inserire proprio un commento offensivo sul suo "acerrimo rivale" Johnny Weir.
Per aggiungere beffa al danno, Evan cancella tutti i post fatti da Aprile in poi sul suo twitter, affermando in seguito che è fino da aprile che il suo account twitter è stato "infettato" da un hacker. Peccato che le stesse informazioni apparentemente "infettate" da un hacker sull'account twitter sono state postate simultaneamente e identiche sulla pagina ufficiale facebook di Lysacek e da li non sono state cancellate. Ancora una volta Lysacek e il suo team sembrano presupporre che i fan dell'atleta non abbiano dimestichezza con i social network e non possano accorgersi che la pagina facebook e il twitter fossero sincronizzati per riportare le stesse notizie nello stesso momento. Come hanno già dimostrato, però, i fan reagiscono postando altri screen caps della pagina facebook che dimostrano come la teoria dell'hacker non regga, a meno che non si sostenga che anche la pagina facebook dell'atleta è stata hackerata.
Probabilmente soverchiato dal momento, Lysacek fa un altro errore "di rete", posta erroneamente in versione "pubblica alcuni twitter che dovevano essere privati. In sostanza si dice a questo punto sorpreso e sconvolto che si sia sollevato tutto questo polverone per una sciocchezza del genere. Afferma di non voler perdere il suo tempo a parlare o commentare Johnny Weir e che non gliene può fregare di meno del suo genere sessuale...
La cosa non passa inosservata, vengono fatte nuove screen caps dell'account twitter, ormai ovviamente monitorato con interesse anche da chi non è tra i fan di Evan, e il comportamento dell'atleta viene nuovamente rimproverato. Sommerso da una nuova ondata di critiche digitali,
Lysacek decide infine di scusarsi pubblicamente con Johnny Weir, sempre tramite twitter.
"Le mie scuse a Johnny Weir. Sto prendendo tutte le misure per fare in modo che una cosa del genere non accada mai più. Il commento era privo di tatto, crudele e offensivo. Non potrò mai scusarmi abbastanza con Johnny e i suoi fan". Nessuna menzione dell'hacker o del falso account. Ma anche nessuna ammissione di responsabilità. Nessuna prova "indipendente" è stata portata a sostanziare il fatto che l'account di Lysacek sia in effetti stato infettato. Se poi l'atleta aveva così a cuore di scusarsi avrebbe potuto farlo dall'inizio, ma è chiaro che non si aspettava una risposta di tali proporzioni. Ancora una volta Lysacek e il suo team dimostrano di non comprendere le regole dei social network e della netiquette.
Ma proviamo a guardare il tutto da una giusta distanza per capire come questo Twitter incident può illuminarci sulle dinamiche che influiscono sulla reputazione virtuale di un personaggio pubblico.
Una prima regola che si evince dal twitter incident di Evan è che in Rete la tempistica è essenziale. E in una crisi comunicativa che si consuma in Rete il tempo conta più che in altri media. Ecco perché tutti i post di Evan successivi al commento incriminato, benché pochi in numero, assumono un peso sproporzionato. Il fatto che Evan non intervenga subito per riconoscere la crisi comunicativa, ma perda tempo a parlare d'altro, rende il commento sgradevole ancora più evidente. Il fatto che Evan non riconosca immediatamente la gravità commento fa apparire tutte le strategie messe in atto per contenere il danno poco sincere.
Le parole digitate sono più pesanti di quelle scritte o dette. Questo perché sono molto, molto più facili da far girare. Basta un click e il tuo commento negativo sarà ripostato su centinaia di altri account twitter. Uno screen cap e non ci sarà modo di negare di aver usato proprio quelle parole e non altre, in quel contesto e non in altri. Per questo ancora più importanti sono le parole che si usano dopo che si è commesso un errore comunicativo.
La presa di responsabilità è essenziale per gestire una situazione di questo genere. Tutte le strategie di distanziamento sono disfunzioniali per un motivo semplicissimo: l'account twitter o facebook di un personaggio pubblico si basano su un tacito patto di fiducia stipulato tra il personaggio e i suoi fan. Il personaggio pubblico assicura di postare i suoi veri pensieri e informazioni affidabili sul suo account, la "verifica" dell'account viaggia in questa direzione stigmatizzando tutti coloro che tentano di imitare la voce digitale del personaggio, d'altra parte i suoi fan si iscrivono all'account in segno di sostegno e si fidano che chi sta postando i suoi commenti sull'account è proprio l'oggetto della loro affezione. Nel momento in cui si posta qualcosa di sgradevole sull'account di un personaggio pubblico cercare di convincere i suoi fan che quella che hanno "sentito" (o meglio visto in tempo reale) non è la sua voce rompe questo patt di fiducia. Quali sono allora i post veri e quali quelli falsi? La scelta di Lysacek di cancellare interi mesi di post per "nascondere" un solo commento sgradevole mette in dubbio la veridicità totale del suo account. Senza contare che questa cancellazione viene dopo un tentativo di allontanare da sé la responsabilità del commento attribuendolo ad altri, ma proprio i fan più vicini, quelli che andrebbero coltivati, sono quelli che hanno visto il commento digitato in tempo reale sull'account e che si sentono traditi nel momento in cui viene loro detto che non hanno visto quello che hanno visto.
Rispetto poi ha un documento che può essere bruciato o a una conversazione che si può negare di aver avuto, internet fornisce ai suoi frequentatori degli strumenti flessibili e agili per conservare le prove degli scambi comunicativi avvenuti. Inutile dunque la strategia che mira a cancellare e ignorare l'accaduto. Nei social network il silenzio fa più rumore delle parole, proprio perché è meno frequente. Questo sia in senso negativo (vedi il caso Lysacek) sia in senso positivo. In questo esempio Johnny Weir ha scelto la strategia ottimale, quella del silenzio, appunto, dimostrando di essere al di sopra e al di fuori della questione. Va detto però che il suo silenzio è potuto essere interpretato in modo positivo solo perché lo stesso atleta aveva già rilasciato delle dichiarazioni pubbliche rispetto alla qeustione del gender e alla sua posizione in merito, nel corso delle Olimpiadi. In questo senso una buona strategia di PR usata precedentemente è servita da base per quella successiva.
Un vecchio detto dice prima pensa, poi parla. Nel caso di twitter si potrebbe dire, prima scusati, poi pensa, poi parla di nuovo. Il commento sgradevole, che sia frutto di una svista, di una leggerezza o di un hackeraggio, deve essere immediatamente riconosciuto come tale, più si aspetta a scusarsi, più le scuse e le successive azioni appariranno false e fuori luogo.
E in conclusione l'ultimo comandamento....non twitterare invano
E se volete altre fonti sul twitter incident...eccole:
Olympic Gold Medalist shows his true color
Popcorn.gif
Evan Lysacek twitter his homofobia
Evan's attempts at retconning
Disco-ball dresses and spandex
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